Il Castellaccio (in dialetto Cast’ ddazz’)
Costruito nel punto più alto del paese, in posizione strategica, con una visuale panoramica a 360°, permetteva di controllare le principali vie di comunicazione della Sicilia Centrale.
La costruzione risalirebbe all’ XI secolo e venne ulteriormente fortificata dal Conte Enrico Rosso senior nel 1351 per contrastare sulla piana di Catania il nemico Artale Alagona.
Il castello era un baluardo sicuro per i baroni signori di Aidone, tanto che era inespugnabile e vi si poteva accedere solamente dall’antica strada posta a mezzogiorno. Quando questo maniero venne attaccato dalle truppe di Roberto d’ Angiò con il tradimento del capitano Giovenco degli Uberti fu possibile espugnarlo e perfino il Re Federico III dovette usare delle macchine di guerra per porre l’assedio alle truppe angioine.
Cadde in rovina in seguito al terremoto del 1693 e successivamente venne abbandonato. Faceva probabilmente parte di una rete di fuochi di avvistamento con i castelli di Enna, Agira, Pietratagliata e altri.
Ben poco rimane del complesso che certamente doveva occupare una superficie alquanto vasta, come mostrano i tratti di muratura emergenti lungo la strada di circonvallazione del sito. In direzione est rimane una porzione di muro con un varco d’ingresso, mentre una quantità più consistente di muratura, ridotta a cumulo di rovine, è lo scenario che si presenta al visitatore che raggiunge il sito dall’attuale Salita Castello.
La muratura è del tipo ‘a sacco’ con due paramenti murari in conci con ricorsi regolari; tra i pochi resti rimangono delle porzioni d’angolo dove si osserva l’impiego di pietrame squadrato a definizione del cantonale.
Il Castello di Gresti o Pietratagliata
Il suo vero nome tramandato nei secoli è Pietratagliata che ben si addice alla sua struttura ampiamente intagliata nella viva roccia, tale particolarità lo rende simile al castello di Sperlinga. La tradizione popolare lo ha invece denominato Castello di Gresti (in dialetto Castedd’ i Grest’) perché si trova vicino al cozzo di Gresti, collina dove sono stati ritrovati numerosissimi cocci di ceramica che ci danno testimonianza di un insediamento del periodo greco-romano.
L’origine del castello non è ben definita, l’insediamento nel sito sembra risalire all’era paleolitica. La preesistenza dell’insediamento e di qualche parte della struttura in epoca greca e romana, si sostiene su labilissime tracce (2 monete, cocciame e vasellame). La località è poco distante dall’antica città di Morgantina, per cui si pensa, che già a decorrere dal periodo greco o romano, una postazione sulla rocca avrebbe potuto costituire un ottimo luogo di avvistamento e controllo, non solo dell’ antica strada che collegava Morgantina con Valguarnera ed Enna, ma anche di un vastissimo territorio in relazione alla caratteristica e strategica posizione dominante della rocca. L’ edificazione dell’ attuale struttura del castello, risalente al periodo arabo normanno, contempla la torre ed il complesso di ambienti che hanno inglobato alcuni preesistenti vani scavati nella roccia. Le prime notizie storiche documentabili sul castello risalgono al XIV secolo. Il feudo denominato Fassima o Fessinia e il relativo fortilizio venne concesso dal re Federico III a Prandino Capizana di Piazza Armerina. A seguito della ribellione di Prandino, che aveva fomentato un sollevamento popolare contro il re, il feudo e il fortilizio furono assorbiti dalla Regia Curia. Successivamente questi beni furono assegnati alla famiglia Gioieni da Termini il 17 marzo 1374, alla quale appartiene fino al 1521, anno in cui passò alla famiglia Caprini. Attualmente appartiene agli eredi del barone Orazio La Lumia.
In linea di massima si possono distinguere alcune caratteristiche fasi costruttive e precisamente:
1) Una concentrazione di ingrottamenti denunzianti un insieme di abitazioni preistoriche. Tali ingrottamenti sono localizzabili alla base della parete occidentale della rupe, nella vasta grotta preceduta da un riparo sottoroccia posta ai piedi della torre e nei due vani ipogei scavati nella zona superiore ed incorporati nella struttura del castello. Il più allungato di questi due vani è stato in epoca successiva suddiviso in tre piccole stanze.
2) La realizzazione di una fortezza di avvistamento e segnalazione sul culmine del roccione, che inglobò i due primitivi vani ingrottati. In questa medesima fase il più lungo dei due vani fu suddivido con diaframmi in muratura. Sembrerebbe appartenere a questa fase lerezione della torre a pianta quadrata, anche se essa denunzia alcuni postumi rimaneggiamenti e interventi di restauro.
3) Un ulteriore ampliamento del complesso edilizio a valle del torrione, costituito da un complesso di grandi magazzini destinati alla conservazione e trattamento dei prodotti del feudo, attorniato da stalle e da modeste abitazioni rurali.